Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/80

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mie minacce, s’avacciasse nel còrso suo a’ miei piaceri; e altre volte, quasi non curantesi di me, più che l’usato parea che tardasse. Questo riguardarla sovente ma sì nota del suo andamento rendeo, che ella nè di corpo piena o vòta in alcuna parte era del cielo o con qualunque stella congiunta, che io non avessi il tempo della notte passato e l’avvenire giudicato dirittamente; similemente l’una e l’altra Orsa, se essa non fosse paruta, per lunga notizia me ne facevano certa. Deh, chi crederebbe che Amore m’avesse potuto mostrare astrologia, arte da solennissimi ingegni e non da menti occupate dal suo furore?

Quando il cielo, d’oscurissimi nuvoli pieno, trascorso da varii e sonanti venti, per ogni parte questa veduta mi toglieva, alcuna volta, se altro affare non mi occorreva, ragunate le mie fanti con meco nella mia camera, e raccontava e facea raccontare storie diverse, le quali quanto più erano di lungi dal vero, come il più così fatte genti le dicono, cotanto parea che avessero maggior forza a cacciare i sospiri e a recare festa a me ascoltante, la quale alcuna volta, con tutta la malinconia, di quelle lietissimamente risi. E se questo forse per cagione legittima non potea essere, in libri diversi ricercando l’altrui miserie e quelle alle mie conformando, quasi accompagnata sentendomi, con meno noia il tempo passava. Nè so qual più grazioso mi fosse, o vedere i tempi trascorrere, o trovarli, in altro essendo stata occupata, essere trascorsi.

Ma poi che le operazioni predette e altre me aveano per lungo spazio tenuta occupata, quasi a forza, assai bene conoscendo che invano ancora me n’andava a dormire, anzi piuttosto