Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/81

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a giacere per dormire. E nel mio letto dimorando sola, e da niuno romore impedita, quasi tutti i preteriti pensieri del dì mi venivano nella mente, e mal mio grado con molti più argomenti e pro e contra mi si faceano ripetere; e molte volte volli entrare in altri, e rade furono quelle che io il potessi ottenere; ma pure alcuna volta, loro a forza lasciati, giacendo in quella parte ove il mio Panfilo era giaciuto, quasi sentendo di lui alcuno odore, mi pareva essere contenta, e lui tra me medesima chiamava e, quasi mi dovesse udire, il pregava che tosto tornasse.

Poi lui imaginava tornato, e meco fingendolo, molte cose gli dicea, e di molte il dimandava, e io stessa in suo luogo mi rispondea; e alcuna volta m’avvenne che io in cotali pensieri m’addormentai. E certo il sonno m’era alcuna volta più grazioso che la vigilia, perciò che quello che io con meco falsamente vegghiando fingeva, esso, se durato fosse, non altramente che vero mel concedeva. Egli mi pareva alcuna volta, lui tornato, vagare in giardini bellissimi, di frondi, di fiori e di frutti varii adorni, con lui insieme quasi d’ogni temenza rimoti, come già facemmo; e quivi lui per la mano tenendo, ed esso me, farmi ogni suo accidente contare; e molte volte, avanti che ’l suo dire avesse fornito, mi parea baciandolo rompergli le parole, e quasi appena vero parendomi ciò che io vedea, diceva: Deh, è egli vero che tu sii tornato? Certo sì è, io ti pur tengo. E quindi da capo il baciava. Altra volta mi pareva essere con lui sopra i marini liti in lieta festa, e tal fu che io affermai meco medesima, dicendo: Ora pur non sogno io d’averlo nelle mie braccia. Oh, quanto m’era discaro,