Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/92

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il dimandò se egli Panfilo suo compatriota conosciuto avesse giammai. Oh, quanto cotale dimanda diè per lo mio disio!

Certo io ne fui contentissima, e gli orecchi alla risposta levai. Il mercatante senza indugio rispose: E chi è quegli che meglio di me il conosca?

A cui seguí la giovine quasi infignendosi di sapere che di lui fosse: E che è egli ora di lui?

Oh, - disse il mercatante - egli è assai che il padre, non essendogli rimaso altro figliuolo, il richiamò a casa sua.

Il quale ancora la giovine dimandò: Quanto ha che tu di lui sapesti novelle?

Certo, ù.disse egli ù non poi che da lui mi partii, che ancora non credo che siano quindici giorni compiuti.

Continuò la donna: E allora che era di lui?

Alla quale esso rispose: Molto bene; e dicovi che il dí medesimo che io mi partii, vidi con grandissima festa entrare di nuovo in casa sua una bellissima giovine, la quale, secondo che io intesi, era a lui novellamente sposata.

Io, mentre che il mercatante queste cose diceva, ancora che con amarissimo dolore l’ascoltassi, fiso nel viso la dimandante giovine riguardava, maravigliandomi quale cagione potesse essere che costei inducesse a dimandare cosí strette particolarità di colui, cui io appena credeva che altra donna il conoscesse che io, e vidi che prima a’ suoi orecchi non venne Panfilo avere moglie sposata, che, gli occhi bassati, tutta nel viso si tinse, e la pronta parola le morí in bocca, e per quello che io presumessi, essa con fatica grandissima le lagrime già agli occhi venute ritenne, Ma io prima, ciò udendo, da uno gravissimo dolore presa, súbito, ciò vedendo, fui da un altro non minore assalita, e appena mi ritenni che io con gravissima villania la turbazione