Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/99

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Deh, perchè, o Panfilo, mi dolgo io del tuo essere lontano, e che tu di nuova giovine sii divenuto, con ciò sia cosa che, essendo tu qui presente, non mio ma d’altrui dimoravi? O pessimo giovine, in quante parti era il tuo amore diviso, o atto a potersi dividere? Io posso presumere che come questa giovine con meco insieme, alle quali hai ora aggiunta la terza, t’eravamo donne, che tu a questo modo n’avevi molte, dove io sola mi credeva essere; e cosí avveniva che, credendo le mie medesime cose trattare, occupava l’altrui. E chi può sapere, se questo già si seppe per alcuna, la quale, piú della grazia degl’iddii di me degna, pregando per le ricevute ingiurie, per li miei mali impetrò che io cosí sia, come io sono, d’angoscie piena? Ma chiunque ella è, s’alcuna è, perdonimi, chè ignorantemente peccai, e la mia ignoranza merita il perdono. Ma tu con quale arte queste cose fingevi? Con quale coscienza l’adoperavi? Da quale amore o da quale tenerezza eri a ciò tirato? Io ho piú volte inteso non potersi amare piú che una persona in un medesimo tempo, ma questa regola mostra che in te non avesse luogo: tu n’amavi molte ovvero facevi vista d’amare.

Deh, desti tu a tutte, o almeno a questa una, che male ha saputo celare quello che tu hai bene celato, quella fede, quelle promessioni, quelle lagrime che a me donasti? Se ciò facesti, tu puoi, sí come ùa niuna obligato, dimorarti sicuro, perciò che quello che a molti indistintamente si dona, non pare che ad alcuno sia donato. Deh, come può egli essere che chi di tante piglia i cuori non sia il suo alcuna volta preso? Narcisso, amato da molte, essendo a tutte durissimo, ultimamente