Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/207

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libro terzo 203

tornandosi per quella via ond’era venuto. E, partito lui, a Florio pareva che il mare tornasse alquanto piú tranquillo, e il legno nel suo stato, di che in se medesimo si rallegrava molto. E volendo intendere a racconciare i guasti arnesi della sua nave, il lieve sonno subitamente si ruppe. E Florio dirizzatosi in piè, sospirando e quasi stordito per la veduta visione, si trovò in mano un verde ramo d’olivo: per la qual cosa vie piú d’ammirazione prese, e incominciò a pensare sopra le vedute cose e sopra il verde ramo. E poi che egli ebbe lungamente pensato, egli incominciò cosí fra se medesimo a dire: «Veramente avrá Amore le mie preghiere udite, e, forse, in soccorso della mia vita, vorrá tornare Biancofiore in quell’amore verso di me che ella fu mai, però che la voce di colei mi riconfortò nell’affannosa tempesta ov’io mi vidi, e diemmi argomento di campare da quella, e in segno di futura pace mi donò questo ramo delle frondi di Pallade: onde poi che cosí è, io voglio avanti piangendo alquanto aspettare ciò che Biancofiore mi mostrerá di voler fare, che sí subitamente, senza farle sentire ciò che Fileno mi ha detto, uccidermi con le proprie mani». E questo detto, riprese il coltello che sopra il letto ignudo stava, e quello rimise nel suo luogo; e senza piú indugio una lettera scrisse, la quale egli mandò a Biancofiore, in questo tenore:

«Se gli avversarii fati, o graziosa giovane, t’hanno a me con l’altre prosperitá levata, come io credo, non con isperanza di poterti co’ miei prieghi muovere dal novello amore, ma pensando che lieve mi fia perdere queste parole insieme con te, ti scrivo. La qual cosa se non è com’io istimo, se parte alcuna di salute m’è rimasa, io la ti mando per la presente lettera, della quale volessero gl’iddii ch’io fossi inanzi apportatore; e per quell’amore che tu giá mi portasti, ti priego che questa senza gravezza insino alla fine legga. E perciò che pare che sia alcuno sfogamento di dolore a’ miseri, ricordare con lamentevoli voci le preterite prosperitá, a me misero Florio, da te abbandonato, con teco, sí come con persona di tutto consapevole, piace di raccontarle; e forse udendole tu,