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156 | COMENTO DEL BOCCACCI |
merario uomo; e così temere quelle che nuocere non possono, come sarebbe che l’uomo temesse una lepre, o il volato d’una quaglia, o le corna d’una lumaca, è atto di vilissimo uomo, timido e rimesso: le quali due estremità questa donna tocca discretamente, dicendo esser da temere le cose che possono nuocere: Dell’altre no, cioè quelle, che non son poderose, a nuocere, e che non debbon metter paura nell’uomo, il quale debitamente si può dir forte. E quinci dimostra sè esser di quei cotali forti, dicendo; Io son da Dio, sua mercè, quasi dica, non per mio merito, fatta tale, cioè beata: alla qual cosa alcuna noiosa, quantunque sia grande, non puote offendere: Che la vostra miseria, cioè di voi dannati, non mi tange, cioè non mi tocca, quantunque io venga qua entro. Nè fiamma d’esto incendio, il quale è qui. E per questa parola nota quegli del limbo essere in fuoco, quantunque nel quarto Canto 1’autore dica, quegli che nel limbo sono, non avere altra pena che di sospiri; non m’assale, cioè non mi s’appressa. Donna è nel cielo. Vuole qui mostrare Beatrice, non di suo proprio movimento mandare Virgilio al soccorso dell’autore, ma con divina disposizione; perciocchè in cielo alcuna cosa non si fa, che dall’ordine della divina mente non muova: e perciò vuol mostrare che,
Donna è nel cielo, che si compiange,
cioè si rammarica: nè è questo da credere che in cielo sia, o possa essere alcuno rammarichio, ma conviene a noi da’ nostri atti prendere il modo del parlare dimostrativo, a fare intendere gli effetti spirituali: e