questo inferno essere Carone nocchiere, e il fiume di Acheronte: e per Acheronte sentono la labile e flussa condizione delle cose desiderate alla miseria di questo mondo, e per Carone intendono il tempo, il quale per varii spazii le nostre volontà e le nostre speranze d’un termine trasporta in un altro, e voglion dire, che secondo varii tempi e varie cose che muovono gli appetiti, essere al cuore trasportate. Dicono oltre a ciò sedere in questo inferno Minos, Eaco, e Radamanto giudici e sentenziatori delle colpe delle anime che in quello inferno vanno e a costoro questo uficio attribuiscono, perciocchè grandissimi legisti furono e giusti uomini, per loro intendendo la coscienza di ciascuno, la quale sedendo nella nostra mente, che prima ci ha veduta giudicatrice delle nostre operazioni, e di quelle col morso suo ci affligge e tormenta: e appresso a quali pene ella condanni i peccatori in alquanti tormentati disegnano. Dicono quivi essere Tantalo re di Frigia, il quale perciocchè pose il figliuolo per cibo davanti agl’iddii, in un fiume, e tra grande abbondanza di pomi, di fame e di sete morire; sentendo per costui la qualità dell’avaro, il quale, per non dimenuire, l’acquistato non ardisce toccare, e così in cose assai patisce disagio, potendosene agiare: e senza fallo sono quello che Tantalo è interpetrato secondo Fulgenzio, cioè, valente visione, perciocchè gli avari alcuna cosa non vogliono de’ loro tesori se non vedergli. Fingono ancora in quello essere Isione, il quale, perciocchè essendo, secondo che alcuni vogliono, segretario di Giove e di Giunone, richiese Giunone di