Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/105

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SOPRA DANTE 101

nendo l’altra, parte cacciata, sotto gravi pesi, siccome lo stare fuori di casa sua in esilio, Come che di ciò, che io predico, pianghi, e che n’adonti, cioè tu Dante, il quale siccome altra volta è stato detto, fu della parte bianca, e con quella fu cacciato di Firenze, nè mai poi ci ritornò, e perciò ne piagnea, cioè se ne dolea, e adontavane come coloro fanno alli quali pare ricever torto. Giusti son due. Qui risponde Ciacco alla seconda domanda fatta dall’autore dove di sopra disse, s’alcun v’è giusto: e dice, che intra tanta moltitudine, v’ha due che son giusti: quali questi due si sieno, sarebbe grave l’indovinare; nondimeno sono alcuni, i quali donde che egli sel traggano, che voglion dire essere stato l’uno l’autor medesimo, e l’altro Guido Cavalcanti, il quale era d’una medesima setta con lui; ma non vi sono intesi, cioè non è alcun lor consiglio creduto:

Superbia, invidia, ed avarizia sono
Le tre faville c’hanno i cuori accesi.

Qui risponde Ciacco alla terza domanda fatta dall’autore di sopra dove dice, dimmi la cagione, perchè l’ha tanta discordia assalita; e dice che tre vizii sono cagione della discordia, cioè superbia, la quale era grande in messer Vieri e ne’ consorti suoi, per le ricchezze e per lo stato il quale avevano; e per questo essendo male accostevoli a’ cittadini, e dispiacendone molto, in parte si generò la discordia.

Muovono alcuni in questa parte un dubbio, e dicono così, che conciosiacosachè singulare grazia di Dio sia il prevedere le cose future, e i dannati del tutto la divina