Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo III, 1832.djvu/40

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32 COMENTO DEL BOCCACCI

vita piuttosto signorile che chericale: nè fu alcuno altro che tanto fosse e si mostrasse ghibellino quanto egli, in tanto, che senza curarsi che papa o altri se ne avvedesse, fieramente favoreggiò i ghibellini nemici della chiesa; e avendo senza guardarsi innanzi aiutati in ciò che potuto avea sempre i ghibellini, e in un solo bisogno trovandosi da loro abbandonato, e di ciò dolendosi forte, tra l’altre parole del suo rammarichio disse: se anima è, perduta l’ho per i ghibellini: nella qual parola fu compreso per molti lui non aver creduto che anima fosse, la qual dopo il corpo vivesse: per la qual cosa l’autore dice, lui con gli altri eretici epicurii essere in questo luogo dannato: e degli altri mi taccio, quasi voglia dire, io te ne potrei molti altri contare. Indi s’ascose. Qui comincia la quarta parte principale del presente canto, nella quale l’autore dice, come tornato a Virgilio, dove con lui seguitandolo pervenisse; dice adunque, Indi, cioè poichè così ebbe detto, s’ascose, nella sua arca, riponendosi a giacere: ed io inver l’antico Poeta volsi i passi, tornandomi a lui, ripensando,

A quel parlar che mi parea nimico,

cioè a quel che messer Farinata gli avea detto,

Ma non cinquanta volte fia raccesa ec.

Egli, cioè Virgilio, si mosse, veggendo me tornare: e poi così andando,

Mi disse: perche se’ tu sì smarrito?

cioè sbigottito,

Ed io gli satisfeci al suo dimando

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