Pagina:Boccaccio - La Teseide di Giovanni Boccaccio nuovamente corretta sui testi a penna, 1831.djvu/238

Da Wikisource.
220 LA TESEIDE


26


Io son, come tu vedi, giovinetto,
     E per nuova bellezza tanto Amore
     Sotto sua signoria mi tien distretto,
     Con le mie forze e tutto mio valore
     Conviene oprarmi, se io vo’ diletto
     Sentir di ciò che più disia il core;
     E senza te io son poco possente,
     Anzi piuttosto non posso niente.

27


Dunque m’aiuta per lo santo fuoco
     Che t’arse già, siccome me arde ora,
     E nel presente mio palestral giuoco
     Colle tue forze nel pugnar mi onora:
     Certo sì fatto don non mi fia poco,
     Ma sommo bene: adunque qui lavora:
     S’io son di questa pugna vincitore,
     Io il diletto, e tu n’abbi l’onore.

28


I templi tuoi eterni s’orneranno
     Dell’armi del mio vinto compagnone,
     Ed ancora le mie vi penderanno,
     E fievi disegnata la cagione:
     Eterni fuochi sempre vi arderanno,
     E la barba e i miei crin, che offensïone
     Di ferro non sentiron’, ti prometto,
     Se mi fai vincer, siccom’io t’ho detto.