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374 LA TESEIDE


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O signor dolce, dove m’abbandoni,
     Dove ne vai, perchè non vengo teco?
     Dimmi qua’ sieno quelle regïoni
     Che ora cerchi poi non se’ con meco;
     I’ vi verrò, e con giuste cagioni
     Dicendo: poi non volle in vita seco
     Giove ch’io sia, e io ’l seguirò morto
     Colui che è il mio bene e ’l mio conforto.

6


Ma poi che vide lui tacente e muto,
     E l’alma sua aver mutato ospizio
     Da lui non stato mai più conosciuto,
     Con Palemon piangendo, il tristo ufizio
     Feciono, e gli occhi travolti al transuto
     Chiusero per supremo benefizio,
     Ed il naso e la bocca: poi ciascuno
     Si tirò indietro con aspetto bruno.

7


Non fer tal pianto di Priam le nuore,
     La moglie e le figliuole, allor che morto
     Fu lor recato il comperato Ettore,
     Lor ben, lor duca e lor sommo diporto,
     Qual Ippolita fe’ , per lo dolore
     Ch’ella sentì, e certo non a torto,
     Ed Emilia con lei, ed altre molte
     Antiche donne lì con lor raccolte.