Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/150

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144 ninfale fiesolano

XII.

Tu non potrai fuggir le mie saette,
     Se l’arco tiro, o sciocca peccatrice.
     Mensola già per questo non riflette,
     Ma fugge quanto può alla pendice:
     E giunta al fiume dentro vi si mette
     Per valicarlo: ma Dïana dice
     Certe parole, ed al fiume le manda,

     E che ritenga Mensola comanda.

XIII.

La sventurata era già in mezzo l’acque,
     Quando i piè venir meno si sentia:
     E quivi, siccome a Dïana piacque,
     Mensola in acqua allor si convertia:
     E sempre poi a quel fiume si giacque
     Il nome suo, che ancor tuttavia
     Per lei quel fiume Mensola è chiamato:

     Or v’ho del suo principio raccontato.

XIV.

Le ninfe ch’eran con Dïana veggendo
     Come Mensola era acqua diventata,
     E giù per lo gran fiume va correndo,
     Perchè molto l’aveano in prima amata,
     Per pietà tutte dicevan piangendo:
     O misera compagna sventurata!
     Qual peccato fu quel che t’ha condotta
     A correr sì com’acqua a fiotta a fiotta?