Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/152

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146 ninfale fiesolano

XVIII.

Mentre Dïana dicea ta’ parole,
     La vecchia ninfa per pietà piangea,
     Tanto il caso di Mensola le duole,
     E quel fantino in braccio ella prendea,
     Ed a Dïana disse: o chiaro sole
     Di tutte noi, altro ch’io non sapea
     Questo peccato, che a me sola il disse,

     E tutta nelle mie man si rimisse.

XIX.

Poi ogni cosa a Diana ebbe detto,
     Come Mensola stata era sforzata,
     E ’l come e ’l dove da un giovinetto,
     E in che modo da lui fu ingannata:
     E disse poi: o Dea, io ti prometto
     Sopra la fè ch’io t’ho sempre portata,
     Che, s’io non era, morta si sarebbe,

     Ma io non la lasciai, sì me n’increbbe.

XX.

Da poi che tu l’hai fatta diventare
     Acqua, ti prego ch’almen tu mi doni
     Questo fanciullo, ch’io ’l vorrò portare
     Di qui lontano assai ’n certi valloni,
     Ov’io ricordo anticamente stare
     Uomini con lor donne a lor magioni:
     A loro il donerò, che car l’avranno,
     E me’ di noi allevare il sapranno.