Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/289

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via, disse ; e proseguendo con ragionari molti e prolissi, nel nome vostro sacratissimo s'imbattè, affermando poter io metter fine alle disgrazie mie, qualora la copia delle vostre parole gustassi; ed egli come del merito vostro più certo, statone io già sicuro, soggiunse: Conobbilo in Avignone, giovine in seno alle muse dalle mani di Giove educato, del latte di filosofia nodrito, e colle scienze divine fatto robusto, e lì, discepolo del sacro vaso d’elezione rapito già al terzo cielo glorioso1, predica in pubblico recondite ed arcane dottrine. Egli è pur desso cui pennuta fama per bocca de’ suoi portatori divulga, l’adornano i costumi, e le virtudi il circondano: egli è fatto ingegnosissimo da Saturno; placido e ricco da Giove; guerriero, contra i vizii che uccidono, da Marte; lucido, regale, affabile, da Apollo; giocondissimo a tutti, da Citerea; dal Coppiere de’ numi, matematico e formale; da Ecate umilissimo, onesto. È monarca per eccellenza in queste arti: in grammatica Aristarco; in dialettica Ockano; in retorica Tullio, od Ulisse; in Aritmetica Jordano; ad Euclide pari in geometria, o seguita il siracusano Archimede; nella musica Boezio; in astrologia risuscita Tolomeo d’Egitto. Che più? moralizza qual Seneca;


    che le altre lettere colla data dal sepolcro di Virgilio debbono assegnarsi allo stesso tempo incirca. In quanto alla lettera la crede scritta ad un Colonnese, ovvero a Giacomo amico del Petrarca.

  1. S. Paolo.