Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. I, 1948 – BEIC 1771083.djvu/312

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cittá di Efeso cosi prontamente con le vite e con le facultá de’ suoi cittadini voleva concorrere alla difesa dello stato virtuoso, che grazia particolarissima e dono sopra modo singulare avrebbe stimato che in quell’urgente bisogno Sua Maestá facesse vendere all’ incanto le pubbliche e private facultá degli uomini di Efeso, e che il ritratto di esse consegnasse ai suoi tesorieri per le necessitadi della guerra: e che la renitenza che Efeso faceva di non voler essere infeudato, non nasceva perché in esso verso Sua Maestá non si trovasse la debita ubbidienza e verso le buone lettere la solita affezione, ma perché sicuramente prevedevano di dover essere infeudati ad un crudelissimo tiranno : la signoria del quale per quella caritá che doveano alla patria, alle vite e alla riputazion loro, erano risoluti di dover fuggire anco con esporre tutte le cose loro piú care al manifesto pericolo delle piú precipitose rovine. Apollo talmente ben edificato rimase degli uomini di Efeso, che ad uno ad uno abbracciò gli ambasciadori, la pronta volontá de’ quali lodò con esaggerate parole di ringraziamenti; e appresso disse loro che per assicurarli da ogni mal trattamento che avessero potuto ricevere nella nuova signoria, tutto che da Seneca il tragico avesse offerta molto grande, che nondimeno voleva infeudarli sotto il dominio del placidissimo Ovidio Nasone, tanto affezionato della patria di Efeso, quanto sapevano tutti i virtuosi: dal quale potevano assicurarsi che sarebbono stati trattati con ogni sorte di possibile umanitá. A questo risposero gli ambasciadori che supplicavano Sua Maestá a ricordarsi che, mentre Ausonio Gallo fu lor prencipe, gli uomini di Efeso perpetue gare ebbono con esso lui, il fine delle quali fu che pieno di ferite e di vergogna lo cacciarono di stato, e che ora che Sua Maestá avea notizia dell’ importantissimo rispetto che movea il popolo di Efeso ad aver in sommo orrore la nuova infeudazione, facesse la sua volontá, che di buona voglia erano risoluti soffrire ogni calamitá piú tosto che dargli disgusto. Queste ragioni, con tanta generosa umiltá dette dagli ambasciadori, talmente convinsero Apollo, che liberamente disse loro che vivessero sicuri, che Efeso non mai da altri sarebbe stato comandato, che da lui stesso: e il tutto