Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. I, 1948 – BEIC 1771083.djvu/71

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RAGGUAGLIO XXIII

Giusto Lipsio con solenne cavalcata essendo ammesso in Parnaso, il seguente giorno dopo il suo ingresso, contro l’aspettazione di ognuno, accusa Tacito per empio, e dalla sua accusa riporta poco onore.

Come per le passate fu scritto, giunse alcuni giorni sono ai confini di questo stato Giusto Lipsio, gli scritti del quale tutto che subito fossero giudicati degni di esser letti da ogni virtuoso e meritevolissimi di esser riposti tra le eterne fatiche de’ letterati nella biblioteca di Sua Maestá, e che però al suo nome in pieno senato favoritamente fosse stata decretata l’ immortalitá, con le piú segnalate prerogative che a qualsivoglia altro soggetto sieno state concedute in questo Stato, la pubblica entrata nondimeno di personaggio tanto qualificato fu differita fino al martedí della settimana passata: mercé che la nobilissima nazion fiamminga, con le dimostrazioni di straordinari onori fatti verso quel suo cittadino, volle segnalar se stessa in quella occasione ; percioché ne’ piú onorati luoghi di Parnaso eresse molti archi trionfali con magnifica splendidezza fabbricati alla reale. La cavalcata fu notabile, perché i letterati di tutte le scienze in numero molto grande favorirono quel virtuoso purpurando, che da Sua Maestá avendo ricevuto il nobilissimo titolo di universale in tutte le scienze, era in opinion di ognuno di saper tutte le cose. E meraviglia grande apportò ad ognuno il vedere che nel primo congresso il Lipsio per nome salutò tutti i piú nobili personaggi romani che andarono ad incontrarlo, de’ quali mostrò di aver distintissima cognizione. Gli scritti di cosi gran letterato da Caio Velleio Patercolo furono portati nelle spalle; il quale, ancorché per la vecchiaia tutto fosse stroppiato, per mostrarsi nondimeno verso il Lipsio grato per certo grandissimo beneficio ricevuto da luit da Sua Maestá per mera grazia impetrò quella prerogativa. Di ordine espresso di Apollo cavalcò il Lipsio in mezzo tra ’l inorai Seneca e il politico Tacito ; ma grave