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CENTURIA SECONDA - RAGGUAGLIO XLIII iyi

state suscitate; ma che, chiaramente da numero grande di nobili di quel regno essendo elleno state destate, molto ridicolo alle genti era quel medico che si gloriava di felicemente aver curato quel male, del quale per la sua crassa ignoranza egli era stato sola cagione; e che ogni saggio prencipe in tanto doveva guardarsi dal fallo gravissimo di allevarsi compagni e fratelli nel suo Stato, che quei monarchi piú sicuramente si vedevano regnare al mondo, che tra la loro grandezza e la bassezza de’ loro sudditi sapevano far nascere sproporzion maggiore. Che a Sua Maestá al pari della stessa ignoranza faceva nausea il sapere che in un regno principalissimo di Europa si trovassero sudditi di tanta vanitá e boria, che con la superba pretension della nobiltá loro tant’oltre fossero arrivati, che fino ardissero dire che cosi erano nobili come lo stesso re: quasi che tra le fusa e gli alberi di nave, tra le mosche e gli elefanti, tra il comandare e il servire fosse possibile darsi proporzion alcuna, che grandemente non fosse ridicola, in infinito odiosa. E soggionse Apollo che per cosi mostruosa petulanza a gran ragione gl’imperadori ottomani principalissimo istrumento della sicurezza e grandezza loro avevano stimato il non voler negli Stati loro nemmeno l’ombra di pretensione di nobiltá alcuna, e che quei, che bene addentro penetravano gli effetti che in un regno cagionava la nobiltá, non tanto biasimavano la risoluzione di quegl’imperadori, come imprudentemente facevano alcuni poco intendenti delle cose del mondo; perché que’ prencipi grandi, che negli affari delle cose loro solo seguivano la sostanza e non l’apparenza, in sommo odio avevano l’ostentazione di quelle cose che parevano e non erano, e grandemente aborrivano veder che il nobile, ancor che ne’ maneggi della guerra e negli affari della pace fosse senza esperienza, senza valore e senza prudenza alcuna, con la sola pretensione nondimeno della vana nobiltá sua, stimasse doverglisi que’ gradi della milizia, che ’l prencipe tanto è necessitato conferire alla sola virtú e al merito di que’ capitani, che sotto la celata avevano fatto canuto il crine e, con perpetuamente nelle fazioni di guerra vestir la corazza, incalliti avevano il petto e la schiena; e che piú di qualsivoglia altra cosa odiosi