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CENTURIA SECONDA - RAGGUAGLIO LI 189

stanze medesime aveva di quel grande imperatore; il quale, armato trovandosi e vittorioso, non solo sicuramente potette far la tanto famosa proscrizione, ma con le armi medesime, con le quali aveva annichilata la nobiltá romana, facilmente averebbe potuto abbattere le sollevazioni tutte popolari che fossero nate in Roma: appoggio che non avendo il duca, nell’usar la crudeltá stessa che felicemente aveva praticata Augusto, grandemente si era trovato ingannato. E che l’esempio dello sfortunatissimo duca di Atene, da’ Fiorentini chiamato alla signoria della patria loro, similissimo essendo a quello di lui, chiaramente faceva conoscere ad ognuno che i principati, ne’ quali altri per le civili discordie de’cittadini era chiamato, non con le subite e severe crudeltadi usate contro i soggetti piú principali dello Stato si assicuravano, ma con l’artifício di mantener vive e grandi tra la nobiltá e il popolo quelle divisioni, che, dalla republica avendo cacciata l’antica libertá, vi avevano introdotta la nuova servitú; e che-prencipi tali sopra tutte le cose con ogni possibile studio loro dovevano guardarsi dal far azione di tal disgusto pubblico, che avesse potuto indurre il popolo alla disperazione di riunirsi con la nobiltá. E ch’egli ogni giorno piú si chiariva che l’ingegno spagnuolo mirabilissimo era per ben governare que’ popoli, che, essendo nati e perpetuamente vissuti sotto le monarchie, ricevevano tutta la servitú; ma che nel dominar le nazioni, che, o per esser nate nella libertá di larghi privilegi, o che, dalla libertá novellamente essendo passate alla servit ú, «nec totam libertatem, nec totani servilutem pati possuntv> (*), era negozio poco accommodato agl’ingegni di quelle nazioni, che, avendo « promptum ad asperiora ingenium » < 1 2 3 >, straordinariamente erano « prompti ferocibus ( 3 ).

(1) Tacito, libro i delle Istorie [cap. 16].

(2) Tacito, libro i degli Annali [cap. 29].

( 3 ) Tacito, libro 11 degli Annali [cap. 78].