Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. II, 1948 – BEIC 1771928.djvu/205

Da Wikisource.

avesse ambiti. E che, nella lezione delle cose passate e nella considerazione delle presenti avendo egli notato che le congiure tutte con alti pensieri si cominciavano ridendo, e che con fini bassissimi si terminavano piangendo, si contentava di servire il prencipe, che gli aveva dato Iddio, con quelle facoltadi che gli era piaciuto donargli, perché le troppo immense grandezze, che i prencipi stranieri promettevano a’ suoi pari, erano evidentissimi rompicolli. Di tanta soddisfazione ad Apollo fu la difesa del Pescara, che al Guicciardini, il qual pur diceva che al marchese infamia eterna aveva arrecato l’allettar con tanta duplicitá i primi prencipi di Europa a far seco pratiche di congiure per aver poi occasione di manifestarle, rispose che ’l Pescara non aveva allettato prencipe alcuno a tramar seco congiure contro l’imperadore per rivelarle poi con suo profitto, nel qual caso bruttamente sarebbe incorso nella pena dell’infamia; ma che con sua somma lode aveva usate le duplicitadi necessarie e virtuosissime per iscoprire i complici della congiura e ogni altro particolare conferitogli, i quali per lo compimento del buon servigio del suo signore dovevano esser saputi da lui. E che la lode che si doveva al marchese tanto era maggiore, quanto egli con la sua onorata fraude aveva saputo vincer gl’inganni di prencipi tanto artificiosi; e che egli in quella occasione cosi compiutamente aveva fatto suo debito, che da ogni onorato capitano, al quale fosse accaduto il medesimo infortunio, meritava di esser imitato; perché nelle congiure che si comunicavano altrui, e chi accettava e operava, e chi rifiutava e taceva incorrendo nella pena medesima, in negoci tanto pericolosi sano conseglio era precipitar nella subita ma però chiara rivelazione d’imprese tanto infelici. E che nelle mortalissime infermitá delle congiure verissimi erano i due aforismi del politico Ippocrate, che « qui deliberimi, desciverunt » (0 e che « in eiusmodi consiliis periculosius est depraehendi quam audere»( 2 ). E che quei, che erano ricercati di entrar nelle con ti) Tacito, libro n delle Istorie [cap. 77]. (2) Tacito, nella Vita di Agricola [cap. 15].