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CENTUKIA SECONDA - RAGGUAGLIO LXXX 271

Ma quando affronto un prencipe, che, o per la propria sua potenza o per la grandezza delle aderenze degli amici ch’egli ha, conosco che in pochi mesi non posso ruinar affatto, per piú cagioni, e tutte importantissime, uso di farli corta guerra. Perché, conoscendo io esser somma pazzia, per far acquisto degli Stati altrui, disertar i proprii, e in sommo odio avendo l’opinion di quei che dicono che gli eserciti mediocri, ma però ben disciplinati, piú atti sono per maneggiar le guerre che gl’immensi (opinione che, infiniti prencipi avendo condotti all’ultima desolazione, affatto tengo per erronea), e solo amando il sicuro ma però molto dispendioso modo di vincere con l’inesausta moltitudine de’ soldati, col lungo guerreggiare che facessi in una provincia, a lei, alle cittadi e a’ popoli tutti convicini talmente darei il sacco, che affatto la disertarci: di modo che, affine che i popoli soggiogati de’ danni patiti nella guerra, nella pace possano riaversi, con ogni poco di guadagno di Stato ch’io faccio guerreggiando, uso di dar altrui la pace. Di piú, contro gl’inimici miei faccio anco corta guerra per goder quel beneficio importante, che dá vinte tutte le imprese, di sempre co’ miei eserciti veterani affrontar popoli imbelli, ignoranti nella milizia; a’ quali bastandomi di aver occupata qualche picciola parte del paese loro, allora che col lungo esercizio delle armi li veggio agguerriti e divenir atti a non solo difender il paese che loro è avanzato, ma a ricoverare il perduto, con quelle migliori condizioni che posso, mi sforzo compor con esso loro la pace, per ordinario sempre desiderata da quei che guerreggiano con inimico piú potente. E sappiate che di tanta importanza è questa mia avvertenza, che ardisco dire che solo da lei riconosco la maggior parte della mia grandezza: mercé che niuno acquisto, per grande che egli si sia, meritamente può paragonarsi alla perdita gravissima che delle cose sue fa il prencipe, quando con l’ostinata guerra di molti anni agguerrisce l’inimico suo; e nelle differenze che da alcun tempo in qua ho avute con gl’imperadori di casa d’Austria, mi son contentata di leggermente pelarli, non di affatto debellarli, non solo per la potentissima cagione, che vi ho detta, di non agguerrir i Germani e gli Ungheri, nazioni vaio