Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. II, 1948 – BEIC 1771928.djvu/79

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nazione cosi malamente può essere strapazzato e vilipeso, senza che a tanta ingiustizia, a cosi spalancato torto ch’io ricevo, nemmeno da lei stessa possa darsi rimedio alcuno? E qual altra nazione o nelle antiche o nelle moderne carte si truovaal mondo, che al suo re piú debba grandemente confessarsi obbligata, di quello che l’aragonese deve a me, suo re tanto benefattore? che, di quella oscura fama, che ben sa ognuno, essendo ella prima al mondo, con la gloriosa unione che con le nobilissime nozze della reina Isabella feci de’ regni potentissimi di Castiglia con quelli di Aragona, celebre e infinitamente famosa l’ho resa appresso tutte le nazioni dell’universo.— Mentre il re Ferdinando con straordinaria alterazion di animo diceva queste cose, si avvide che alcuni principali senatori aragonesi crollavano il capo; la qual azione stimando egli esser fatta per maggior suo dispregio, talmente si accese d’ira, che Apollo, essendosene ben avveduto, affine di schivar qualche brutto inconveniente che fosse potuto nascere, lo fece accorto dell’error gravissimo ch’egli, accecato dall’interesse della propria passione, pigliava in quella sua causa: dicendoli che i prencipi allora grandi e potenti rendevano le nazioni loro, quando, come con l’importantissimo acquisto della Bertagna avevano fatto i re francesi, le univano ad una nazione inferiore, non ad una piú numerosa e potente; perché nel primo caso altri, ingrandendo l’imperio della sua nazione, la faceva padrona, nel secondo, scemando il dominio, la rendeva serva.

Mentre il re Ferdinando, per la saggia risposta fattali da Sua Maestá non punto quietato di animo, partiva dall’udienza, con ammirazione di tutto il sapientissimo collegio con veloce volo nella curia entrò uno sparaviere; il quale, appunto essendosi posato nella pubblica ringhiera, come portento che in sé avesse qualche gran significato, ad ognuno fu di sommo spavento. E perché i soldati della guardia subito corsero per cacciarlo dal padiglione, Sua Maestá comandò che non fosse sturbato. Allora gli áuguri romani si levarono in piedi, e ad 7\.pollo domandarono licenza di potere interpetrar quell’augurio. Scherni Sua Maestá la domanda di quegli uomini vani, e disse loro che le cose