Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. II, 1948 – BEIC 1771928.djvu/85

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tanta inezia Sua Maestá pure avesse potuto fissar lo sguardo suo. Apollo, che della maraviglia de’ suoi letterati si avvide, disse loro ch’egli grandemente ammirava quello scrittore da essi tanto schernito e beffato, poiché, sapendo egli poco, aveva avuto animo di scriver molto: cosa che doveva fare arrossir molti di essi, che, sapendo molto, avevano scritto poco; e che bruttissima e affatto indegna di uomo virtuoso era la scusa di molti, che dove aveva scritto il sovrano ingegno di Virgilio non piú occorreva far versi, e che le materie di medicina trattate da Ippocrate e da Galeno non dovevano esser toccate da altri, e che indarno scriveva delle matematiche colui che ben aveva considerati gli scritti di Euclide. Perché libro alcuno non si trovava che in qualche sua parte non fosse buono, e che in molti poeti latini, in piú scrittori di medicina e in non pochi autori di matematiche si trovavano concetti e dottrine non solo uguali, ma migliori e di Virgilio e di Ippocrate e di Euclide; e che grandemente odiosi gli erano alcuni ingegni, che, in varie scienze avendo avuti talenti nobilissimi da eterna render la fama loro, l’ozio, l’infingardaggine e l’orrore, in che avevano la fatica dello scrivere, ricoprivano con la modestia.

Ma allora appunto che Apollo al Platina comandava che nella sua pasticceria per guattaro pigliasse quel succido poeta, con ispavento di ognuno le campane tutte di Parnaso strepitosamente furono udite sonare aH’armi; e poco appresso il Muzio iustinopolitano, tutto affannato essendo entrato nella curia, diede la spaventevol novella che, le monarchie con le republiche tutte dell’universo essendo venute alle mani, se tosto non vi si rimediava, erano per fare un sanguinoso fatto di armi. Apollo, ancor che nel punto di caso tanto repentino da se stesso avesse saputo pigliar risoluzione degna del suo alto sapere, in cosa nondimeno di cosi gran pericolo, benché tumultuariamente, volle udire il parere del suo Conseglio segreto di Stato; e tuttoché i piú consegnassero che con le guardie ordinarie del palazzo, con le due legioni de’ poeti satirici e co’ soldati pretoriani lirici si dovessero ismorzare le prime faville di fuoco tanto pericoloso, e che la reai persona di Sua Maestá si fosse dovuta riservar