Pagina:Boetie - Il contr'uno o Della servitù volontaria.djvu/52

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38 il contr’uno

nè dell’altro; e se la via di andare al regno è diversa, il modo di regnare suppergiù è quel medesimo. Il re eletto, come se avesse preso a domar dei tori, fa dei sudditi quel che de’ tori farebbe: il conquistatore pensa averci su il diritto che si ha sulla preda: il dinasta ne fa come di schiavi suoi naturali.

Ma facciamo un caso: se per sorte venisse un qualche popolo al tutto nuovo, non usato alla servitù, nè alleccorito alla libertà, e non sapesse che faccenda è l’una e l’altra; ed a fatica sapesse i nomi loro; e gli si proponesse, o d’esser suggetto o di viver libero, a che si butterebbe esso? Ci vuol poco a dire che avrebbe più caro assai l’obbedir solo alla ragione, che il servire ad un uomo; salvo che e’ non fossero come que’ d’Israel che, di suo, e senza un bisogno al mondo, si crearono un tiranno: la quale storia io non la leggo mai senza tanta stizza, che quasi quasi non mi renda inumano, e mi faccia gongolare de’ tanti guaj che piovvero loro addosso. È vero per altro che tutti gli uomini, finchè hanno qualcosa d’uomo, in sul lasciarsi mettere il giogo, una delle due, o son forzati o messi in mezzo: forzati dalle armi straniere, come Sparta e Atene da Alessandro; o dalle fazioni, come quando la signoría di Atene era venuta poco innanzi alle mani di Pisistrato. Per inganno perdono spesso la libertà; ed in ciò un poco sono sedotti da altri, un po’ chiudon gli occhi essi da sè, come il popolo di Siracusa, metropoli di Sicilia (oggi detta Saragozza), stretto dalle guerre, sbadatamente provvedendo al solo pericolo, chiamò Dionisio I, e gli diè carico di guidare l’esercito; e non badò a far sì grande quel buon tomo, che, tornando vittorioso, come se avesse vinto, non i nemici, ma i suoi cittadini, di