Pagina:Boetie - Il contr'uno o Della servitù volontaria.djvu/53

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o della servitù volontaria 39

capitano si fece re, di re si fece tiranno. Fatto ch’egli è servo un popolo, non è da credersi com’esso cada a un tratto in sì profondo oblio della libertà, che non gli è possibile il risentirsene per racquistarla: e’ serve sì allegramente e di tanto buona voglia, che a vederlo si direbbe: E’ non ha perduto la libertà, ma il servaggio. Da principio è vero che l’uomo serve a mal in cuore e per forza; ma chi vien dopo, che non ha mai veduto com’è fatta, nè di che sapore sia la libertà, serve senza repetío, e fa per amore quel che gli stati innanzi a lui avevan fatto per forza. E così gli uomini nascono col giogo sul collo, e poi, venuti su nel servaggio, senza pensar più là, si appagan del viver come e’ son nati, e non si sognano nemmeno di possedere altri diritti e altri beni che quelli trovatici, prendendo per lo stato lor naturale quello dove son nati. Eppure non c’è erede sì spensierato e sì sbracione, che alle volte non dia un’occhiata a’ libri di casa, per sapere, s’e’ gode tutti i diritti di successione, e se nulla si è macchinato o contro di lui o contro il suo antecessore. Ma, gua’, il costume, che in ogni cosa ha gran balía sopra di noi, in niun’altra però ce ne ha tanta, quanta nell’insegnarci a servire; e (come si legge di Mitridate, che s’avvezzò a bere il veleno) a tirar giù, senza che ci paja amaro, il tossico del servaggio. La natura, bisogna confessarlo, giuoca in noi molto nel tirarci dove la vuole, e farci dar titolo di bene o mal nati; ma e’ bisogna anche convenire che ella è vinta dal costume, dacchè l’indole, sia buona quanto vuole, svanisce, se non si cerca di mantenerla; e la educazione ci mette sempre o l’una o l’altra cosa di suo, a dispetto della natura. I semi del bene, che questa getta dentro di