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112 orlando innamorato [St. 3-6]

        Forte se turba quel saracin fello;
     Ma ben lo fece Orlando più turbare,
     Perchè nel braccio il gionse a tal flagello,
     Che il baston fece per terra cascare.
     Subitamente poi parve uno uccello,
     Che l’altro colpo avesse a radoppiare;
     Ma tanto è duro il cor’ di quel serpente,
     Che sempre poco ne tocca, o nïente.

        La simitara avea tratto Zambardo,
     Da poi ch’in terra gli cadde il bastone.
     Ben vide quel barone esser gagliardo,
     E de adoprar la rete fa rasone;
     Ma quello aiuto vol che sia il più tardo.
     Or mena della spada un riversone;
     A meza guancia fu il colpo diverso:
     Ben vinti passi Orlando andò in traverso.

        Per questo è il conte forte riscaldato,
     Il viso gli comincia a lampeggiare;
     L’un e l’altro occhio aveva stralunato.
     Questo gigante ormai non può campare:
     Il colpo mena tanto infulminato,
     Che Durindana facea vinculare,
     Ed era grossa, come Turpin conta,
     Ben quattro dita da l’elcio alla ponta.

        Orlando lo colpisce nel gallone,
     Spezza le scaglie e il dosso del serpente.
     Avea cinto di ferro un corrigione:
     Tutto lo parte quel brando tagliente.
     Sotto lo usbergo stava il pancirone,
     Ma Durindana ciò non cura niente;
     E certamente per mezo il tagliava,
     Se per lui stesso a terra non cascava.

10. T., Ml. e Mr. cade. — 30. Ml., Mr. e P. Durindana non.