[St. 71-74] |
libro i. canto ix |
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Lei prese a mano ciascun cavalliero,
E quanto ne pô gir, tanto ne andava,
Drieto alla ripa, per stretto sentiero.
L’acqua incantata quivi si vargava
Sopra de un ponte che passa al verziero.
Per altrui quella porta non se usava,
Ma la nova donzella, che è ben scorta,
Di questo incanto sapea quella porta.
Brandimarte gettò la porta in terra,1
E già se vede quel falso giardino,
Che tanti cavallier dentro a sè serra.
Quivi era chiuso Orlando paladino,
E il re Ballano, quel mastro di guerra,
E Chiarïone, il franco saracino;
Era lì dentro Oberto dal Leone,
Con Aquilante e il suo fratel Grifone.
Eravi ancora il forte re Adriano,
Ed eravi Antifor de Albarosia;
Non cognoscon l’un l’altro, e insieme vano,2
Nè sapria dire alcun quel che lui sia,
Nè se egli è saracino, o cristïano:
Tutti son persi per negromanzia.
Tutti li ha persi quella falsa dama,
Che Dragontina per nome se chiama.
Or se incomincia una gran questïone,
Chè Astolfo e Brandimarte sono entrati.
Il re Ballano e il forte Chiarïone
Per Dragontina stan quel giorno armati.
Adrïano trafiero e ogni barone3
Son tutti insieme, li altri smemorati:4
Tutti en nel prato, il conte Orlando excetto,
Che la logia mirava per diletto.
- ↑ T. e Ml., a terra.
- ↑ P. Non si conoscon per l’incanto strano.
- ↑ T, Ml. e Mr. e Tranfiero; P. e Antifor.
- ↑ P. e gli.