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172 orlando innamorato [St. 23-26]

23 Mutato, come io dico, a poco a poco,
     Tutto era drago il perfido gigante,
     Gettando per l’orecchie e bocca foco,
     Con tal romore e con fiaccole tante,
     Che le muraglie intorno di quel loco
     Pareano incese a fiamma tutte quante.
     Ben puotea fare a ciascadun paura,
     Perchè era grande e sozzo oltra misura.

24 Ma non smarritte la persona franca
     Del giovanetto, degno d’ogni loda.
     Viensene il drago e nel scudo lo branca,
     E per le gambe volta la gran coda,
     Sì che, prendendo intorno ciascuna anca,
     Giù per le coscie insino ai piè l’annoda;
     Non se spaventa per questo Dudone,
     Getta la mazza e prende quel dragone.

25 Nel collo il prese, a presso de la testa,
     Ad ambe mani, e sì forte l’afferra,
     Che a quella bestia, che è tanto robesta,
     Il fiato quasi e l’anima gli serra.
     Da sè lo spicca, e poi con gran tempesta
     Lo gira ad alto e trallo in su la terra,
     Che era la strata a pietra marmorina;
     Sopra vi batte il drago a gran roina.

26 Là dove gionse, se aperse la piaccia,
     Tutto si fese il marmo da quel lato;
     Sotto la terra il serpente se caccia,
     Benchè di fora è subito tornato.
     Ma già cangiata avea persona e faccia,
     Ed era istranamente trasformato,
     Chè il busto ha d’orso e ’l capo de cingiale:
     Mai non se vidde il più crudo animale.