Pagina:Boiardo - Orlando innamorato II.djvu/277

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[St. 3-6] libro ii. canto xvi 267

3 Come ha bevuto, sen porta la taccia,
     E parli a ponto aver pagato l’oste
     Con dir, quando sen va: - Bon pro vi faccia! -
     Ma pur Marfisa gli è sempre alle coste,
     E de impiccarlo ogniora lo minaccia.
     Quel mal strepon le fa ben mille poste:
     Lasciandola appressar va lento lento,
     Da poi la lascia e fugge come un vento.

4 Quindeci giorni sempre era seguita,
     Com’io vi dissi, la donzella acerba;
     Ed era estremamente indebilita,
     Perchè de fronde si pasceva e de erba,
     Ma pur volea pigliarlo alla finita.
     Tanto ha sdegnoso il cor quella superba,
     Che il segue in vano, e pur non se ne avede,
     Essendo egli a destriero ed essa a piede,

5 Perchè al ronzon di lei mancò la lena,
     E cadde morto alla sesta giornata.
     Dapoi le gambe per tal modo mena
     Così come era del suo sbergo armata,
     Che mai non uscì veltra di catena,
     Nè mai saetta de arco fu mandata,
     Nè falcon mai dal cel discese a valle,
     Che non restasse a lei dietro alle spalle.

6 Ma per lunga fatica e debilezza
     L’armatura che ha in dosso, assai gli pesa,
     Onde se la spogliò con molta frezza,
     Nè teme che Brunel faccia diffesa.
     Poi che ebbe posto giù quella gravezza,
     Sì ratta se ne andava e sì distesa,
     Che più volte a Brunel fece spavento,
     Benchè ha il destrier che fugge come vento.

5. P. sempre lo. — 29. MI. e P. poita. — 32. P. un cento.