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486 orlando innamorato [St. 27-30]

27 Se non che, essendo quella dama altiera
     Ora affrontata al saracino ardito,
     E durando la zuffa orrenda e fiera,
     Il conte Orlando se fu risentito;
     E ben serìa tornato volentiera
     A vendicarse, come aveti odito:
     Essendo dal pagan sì forte offeso,
     Gli avria pan cotto per tal pasto reso.

28 Ma pur, temendo a farli villania,
     Poi che era de altra mischia intravagliato,
     Sua Durindana al fodro rimettia,
     E, lor mirando, stavasi da lato.
     Quel loco ove era la battaglia ria,
     Posto è tra duo colletti in un bel prato,
     Lontano a l’altra gente per bon spaccio,
     Sì che persona non gli dava impaccio.

29 Tre ore, o poco più, stettero a fronte
     La dama ardita e quel forte pagano;
     E stando quivi a rimirare il conte,
     Alciando gli occhi vidde di lontano
     Quella gran gente che callava il monte,
     E le bandiere poi di mano in mano,
     Con tal romor che par che ’l cel ruine,
     Tanta è la folta; e non se vede il fine.

30 Diceva Orlando: - O re del celo eterno,
     Dove è questo mal tempo ora nasciuto?
     Chè il re Marsilio e tutto suo governo
     Di tanta gente non avrebbe aiuto.
     Credo io che sono usciti dello inferno,
     Benchè serà ciascuno il mal venuto
     E il mal trovato, sia chi esser si vôle,
     Se Durindana taglia come suole. -

8. T. e MI. pasto. — 16. Mr. persone. — 21. Mr. calìa.