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[St. 39-42] | libro ii. canto iii | 51 |
39 Il re de Fiessa, che è tutto canuto,
Disse: - Segnor, io voglio un poco uscire,
E spero che Macon mi doni aiuto:
Un mio servente ti vuo’ fare odire. -
Già lungo tempo non fu ritenuto,
E fece un ribaldello entro venire,
Che altri sì presto non fu mai di mano;
Brunello ha nome quel ladro soprano.
40 Egli è ben piccioletto di persona,
Ma di malicia a meraviglia pieno,
E sempre in calmo e per zergo ragiona:
Lungo è da cinque palmi, o poco meno,
E la sua voce par corno che suona;
Nel dire e nel robbare è senza freno.
Va sol di notte, e il dì non è veduto,
Curti ha i capelli, ed è negro e ricciuto.
41 Come fu dentro, vidde zoie tante
E tante lame d’ôr, come io contai;
Ben se augura in suo core esser gigante
Per poter via di quel portare assai.
Poi che fu gionto al tribunale avante,
Disse: - Segnore, io non posserò mai,
Sin che con l’arte, inganni, o con ingegno
Io non acquisti il promettuto regno.
42 Lo annello io l’averò ben senza errore,
E presto il portaraggio in tua masone;
Ma ben ti prego che in cosa maggiore
Ti piaccia poi di me far parangone.
Tuor la luna dal cel giù mi dà il core,
E robbare al demonio il suo forcone,
E per sprezar la gente cristïana
Robberò il Papa e ’l suon de la campana. -
11, P. omm. E. — 32. T., MI. e Mr. il papa el (e '1?) $uon.