Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/190

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tu mihi, tu certe (memini), Graecine, negabas uno posse aliquem tempore amare duas. (Amor., II, io). Non è ella cotesta appunto la vostra opinione? Ma ora udite quello che per pruova ne sente Ovidio: Per te decipior, per te deprensus inermis, ecce, duas uno tempore solus amo. Diran forse alcuni col Varchi che costoro parlan poetica- mente; ma se con tal risposta si potesse rintuzzar l’autorità dei poeti, ella potrebbe in tutte le cose rimanere schernita: e pure Aristotale, Piatone e tutti i più nobili scrittori spesse volte se ne vagliono. Non in ogni luogo a’ poeti è lecito il poetare, non tutti i lor parlari son falsi. Il dirsi innamorato di più d’uno non è un’iperbole, una figura, un colore, una chimera poetica. Dicesi per modo d’istoria: perٍ conviene che sia o vero, o certo verisimile. Or l’autorità di costoro nelle cose d’amore è grande, la lor sentenza è chiara. Dunque l’amor di Celia in questa parte non è senz’esemplo: autorità non le manca, aggiugniamle qualche ragione. [VII. — Come si possa amar più d’uno ad un tempo da parte del- l’oggetto amabile e della potenza amante.] Vili. Che si possa amar più d’uno ad un tempo pruo- VASI PER LI DUE DEMONI PLATONICI ASSISTENTI ALL’ANIMA nostra. — Ma, in grazia de’signori platonici, veggiamo di prenderne anche dalla loro scuola qualche ragione. Pongono i platonici nell’anima umana cinque amori, che cinque demoni son chiamati da loro (vedete se per la costoro opinione siam bene spiritati). Il primo e’1 più nobil di tutti vogliono che risegga nella più alta parte dell’anima, che è la mente: e questo amore dicono non esser altro che un perpetuo desiderio della beltà divina. Presso a questo è il secondo, per lo qual dicono