Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/237

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X. Che l’amor di Celia non è, non ha bisogno e NON CONVIEN FORSE CHE SIA FINTO PER AMOR PERFETTO. — L’amor di Celia non è perfetto, non già perché l’amar più d’uno ad un tempo ripugni alla perfezion dell’amore, ma per altra più certa cagione, che dalla stessa favola espres- samente si raccoglie. Nell’animo umano, si come altrove accennai, non puٍ esser perfetto quell’amore, nel quale in- sieme col senso anche la volontà determinatamente non con- corre. Dice Aristotale che la volontà è la reina dell’altre parti dell’anima: ove muove il principe, tutti i ministri corrono. Contra il voler del principe non puٍ esser sa non timida, difettosa l’opera dei servidori; né contra lo imperio "della volontà puٍ esser se non imperfetto l’amore. Ma che al- l’amor di Celia la volontà determinatamente mai non concor- resse, in cento luoghi la favola dimostra. Ma più che in tutti gli altri, si vede l’anotomia dell’animo diviso e lacerato di Celia, la quale, avvedutasi d’esser dei due pastori innamorata, li va fuggendo, e dice: né fia mai più ch’io voglia che giungan gli occhi ove sospira il core. (Atto II, se. 2). Imperocché la volontà è ben reina, come dicevamo, di tutte l’altre parti, ma non in tutte è la stessa la ragione del suo dominio: ad alcune parti comanda con imperio politico, dice Aristotale, le quali son ben obbligate per ragion di na- tura ad ubbidire, ma possono anche non ubbidire: ad altre comanda con imperio dispotico, le quali non possono non ubbidire. Non possono non ubbidire gli occhi, e perٍ coman- dando la volontà, non fia che giungan gli occhi; ma puٍ non ubbidire il cuore, e perٍ, malgrado della volontà, sospira il core.