Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/64

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          quinci vieti risonando?
          Filino è questi.
          Fil.O Celia,
          piangi pur, Celia, piangi !
          Celia.E perché ciٍ?
          Fil.Deh piangi
          senz’aspettar ch’io dica
          la cagion del tuo pianto.
          Celia.Ed a che nuovo affanno,
          oimè, serbommi in si poc’ora il cielo?
          ma che puote esser mai che più mi dolga?
          Di’ pur tosto, o Filino;
          so ben che ? mio dolore
          non lasserà più luogo
          che per altra cagion possa dolermi.
          FiL.Sconsolato Filin, Celia’nfelice!
          La tua gioia, il mio bene,
          la vaghezza dei prati,
          il fior de le campagne,
          G amor de la tua greggia,
          il tuo capro gentile,
          (ahi me ne scoppia il core!)
          il miserello è morto.
          Celia.Oh felice garzَn, poiché si lievi
          son le miserie tue! Ma chi l’ancise?
          Fil.Pensa che non fu già pastor né fera,
          che seco a sua difesa
          sarei ben anch’io morto.
          Celia.E chi fu dunque?
          Fil.La malvagia pastura
          d’un’erba velenosa, oimè, l’ancise.
          Celia.D’un’erba velenosa? Or quindi certo
          la via de la mia morte il ciel m’addita.
          O dèi pietosi, adunque
          de l’alto mio dolor qualche pietade
          è pur salita in cielo?