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soffrire e morire: per il vostro non sapete che diffamare e stendere la mano.

È giusto: voi siete dei mercenarii; noi, degli apostoli. A voi la calunnia; a noi, il disprezzo.

Sì, sappiatelo dunque, le vostre ingiurie sono per me degli elogi, le vostre calunnie mi onorano.

Sarei disonorato dei vostri complimenti.

Ma infine, parliamo del regicidio.


Il grande filosofo, Giovanni Bovio, per indurre i suoi amici, i repubblicani, a seguire il corteo funebre di re Umberto, ha scritto e pubblicato una lettera che finisce con questa frase: Io considero come un segno di vergognosa paura il non dire ciò che si pensa.

È vero, Bovio ha ragione.

È una vigliaccheria in simili circostanze il non dire francamente e arditamente ciò che si pensa.

Io ciò che penso sulla morte del re d’Italia l’ho detto subito nella Petite Republique, nel Le Soir, nel Dèpèche di Tolosa, ed altri giornali di Parigi.

Ecco ciò che ho scritto nella Petite Republique:


La nuova dell’uccisione del re d’Italia si è sparsa con rapidità in Parigi; a quest’ora ha già fatto il giro del mondo. Dopo la notizia verranno i commentari; e allora comincerà l’orgia servile delle biografie e dei panegirici menzogneri. Si esalterà un uomo che durante più di vent’anni di regno non ha saputo far nulla di bene, ma anzi fece molto male.

Per calmare le ombre dei suoi avi e dare soddisfazione agli epilettici del potere la polizia procederà ad arresti in massa; parlerà di complotti e non mancherà di scoprirne qualcuno avente oscure ramificazioni in tutto il mondo e sopratutto in Francia, a Parigi.

Vi saranno domande di espulsione e di estradizioni.

Bisogna bene che il re sia vendicato; e lo vendicheranno, non importa come e su chi, purché suo figlio, che sarà il suo successore, constati lo zelo dei suoi agenti.