Pagina:Cagna - Alpinisti ciabattoni.djvu/91

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Ma Gaudenzio dormicchiava; quel secolo saltato gli basì via come un moscherino, e per incoraggiare l’oratore, si limitò a sfogare la crepaggine con uno sbadiglio che gli tenne per due minuti la bocca spalancata come voragine.

— Veniamo, attaccò l’imperterrito professore, a Garibaldo Vescovo di Novara, ed ai suoi Statuti. Gli statuti del Vescovo Garibaldo hanno un’importanza storica per le preziose rivelazioni che ci fanno sopra i costumi poco morigerati del clero della riviera. Per esempio, fra i molti disposti del Vescovo Garibaldo troviamo questo: che non è consentito agli abati di tenere un monaco nella cella; cioè, come dice il testo: abbas et monachi in communi dormitorio jaceant. . . . . . . . . .

E così per un’altra mezz’ora il professore scatenò tutta la sua erudizione, spolveratura di archivii e di biblioteche, e sempre innanzi a berlingare di Berengario, di Ottone, di Carlo Quinto, del famigerato Capitano Cesare Maggio, e dell’eroismo di Maria Canavese.

Tanto fa, Gaudenzio ormai si pigliava le battiture a corpo morto; gli pareva di essere balestrato le mille miglia lontano da quel tavolo di tortura; nel cervello annebbiato gli baluginavano come care,