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i conti di ventimiglia 21

parte, scriptum in pergamena, bullatum bulla plumbea appensa ipsi privilegio cum crocco cordono serico, in qua bulla in una parte est effigies militis armati, armis insignitis leonis, tenentis spatam in manu, et in circuitu eius in illa parte extat scriptum Marchio Alpinae et Maritmae, superius sancti Michaelis de Vigintimilio. È pregio dell’opera osservare che la trascrizione di questa leggenda è diversa da quella che esiste ora sul sigillo. Di questa trascrizione se ne tirarono posteriormente diverse altre copie, di cui una fra le altre il 18 settembre 1469 sull’istanza del C.te Antonio di Ventimiglia, grande ammiraglio di Sicilia. È fuori di dubbio che si è un’altra copia che Gioffredo dice aver visto negli Archivi della famiglia Alberti della Briga, poichè essa ha la data delli 11 dicembre 1426 e fu fatta in presenza di Ottobono de Bellonis, vescovo di Ventimiglia, per domanda del priore di S. Michele, Giorgio dei C.ti di Ventimiglia, che l’aveva presentata a Giuliano De Giudici, vicario generale. Gioffredo aveva anzi il pensiero che questo priore potesse essere il falsario dell’atto, ma la copia anteriore che esiste del 1304 ne dimostra erropea la supposizione, e si potrebbe piattosto congetturare che fosse il P. Sicard nel 1304 od altro monaco di quell’epoca, forse anzi un benedettino di Montemajor, per trovarvisi quella clausula di sostituzione e perchè certi caratteri di questo diploma si assomigliano pienamente a quelli della fine del secolo xiii e specialmente la lettera b di Brenguerius e di Bonasius, che è appunto dello stile di quell’epoca.

Questo diploma del C.te Guido era dunque, nella forma precisa in cui ci si è conservato, ritenuto come autentico fin dal principio del XIV secolo, ma la sua esistenza ci è provata, come già si disse, fin dall’anno 1177.