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i conti di ventimiglia 39

degli antenati del conte Ottone. Questi a sua volta rilasciava loro il possedimento compreso fra la Chiusa e il Garayan, e la metà dei prati siti presso alla Roia al di là del ponte. Questo atto è scritto dal notaio Celonio nel marzo dell’anno 1177.

Per un lungo intervallo di anni non si hanno ormai altre largizioni da annoverare. I nostri documenti ci danno però un testamento fatto nell’anno 12641 da certa Guglielmina Vixdomina e sebbene i lasciti in esso enunciati non sembrino cospicui, pure l’atto è abbastanza curioso come studio degli usi del tempo. Gioverà notare fra gli altri legati quello all’opera del ponte di Ventimiglia, di cui del resto già ci era nota l’esistenza fino dal 1177.

Altro atto d’importanza pare non fosse fatto in quell’epoca all’infuori di alcune permute o vendite di poco riguardo e di moltissimi contratti enfiteutici di case e poderi in Ventimiglia e nei dintorni: contratti però che per l’incuria dei monaci riuscivano il più spesso di danno anzichè di benefizio ai medesimi. Cosicchè il pontefice Urbano III cercando a togliere simili sconcerti nell’anno 1187 mandò ai monaci di Lerino una bolla2 che concedeva potere al priore di prendere ad esame le vendite e le concessioni enfiteutiche di ogni specie che si eran fatte dai predecessori, con facoltà di annullarle se alcuna disposizione fosse trovata contraria ai diritti dell’Abbazia.

Anzi più tardi, nel 1278, l’abbato di Lerino Pietro e il Capitolo3 proibirono formalmente a tutti i monaci di rendere o di prender parte a vendita o permute di beni del Priorato

  1. Doc. 29.
  2. Doc. 25.
  3. Doc. 31.