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grafia che imprendiamo a scrivere, avvegnachè verrebbe difficile al lettore non siciliano, sventuratamente l’Italici sendo stata sin oggi divisa e suddivisa così da essere del tutto estraneo il settentrione alle memorie del mezzogiorno, di comprendere e di apprezzare a tondo i nomi ed il valore di quelle istituzioni contro cui mirò sempre il potere e per la cui conservazione il popolo ebbe senza posa a sperare.

La costituzione feudale, che nei tempi di mezzo sorse a preferenza d’ogni altra forma di governo, ebbe principio in Sicilia lino dai Normanni; osservata in seguito e modificata in meglio, si ridusse sullo scorcio del secolo passato ad una rappresentanza, composta di tre camere o bracci che si voglian dire, secondo l’esatta espressione: la baronale, l’eeclesiastica e la demaniale; le prime due completamente indipendenti perchè padrone della proprietà stabile dell’isola, la terza affatto devota, anzi servile, verso la corte, da cui teneva la potenza. E in questo debbe solo ricercarsi la vera ragione del liberalismo tradizionale del clero e de’ nobili siciliani, che, per non essere spogliati di quanto loro apparteneva, si schieravano generalmente nelle file dell’opposizione, onde frapporre un argine, per quanto era possibile, all’ingordigia ed all’avarizia dei successivi governi.

Il primo aperto attentato alla costituzione conta dal 1798, allorchè il contraccolpo dello idee della rivoluzione francese faceva sentirsi anche all’estremo punto del Mediterraneo. Avendo chiesto il re straordinariamente un esorbitante nuovo sussidio, che ricusarono di accordare i bracci baronale e ecclesiastico, ed al quale solo condiscese il demaniale, emanò allora un dispotico decreto che dichiarava legge la decisione di quest’ultimo, senza punto nè poco tener conto dei voti dei due primi.

La pertinacia da un lato e lo sdegno dall’altro rendevano la situazione più difficile che mai, nè una volta tesa la corda avrebbe potuto prevedersi la fine dell’antagonismo se il general Championnet, portando la guerra nello Stato di Napoli, non avesse obbligato a fuggire e a ricoverarsi in Sicilia il re Ferdinando