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ghesia e della nobiltà palermitana, irreflessivamente si scagliò sulla guardia civica, la disarmò, la disfece.

Non giunta, non consoli di corporazioni, governo non vi era di nessun modo, ma tumulto, sangue, incendi, cadaveri. Potea dirsi la vertigine della disperazione o la bestemmia ultima del vinto.

Pepe si avvicinò a grandi giornate a Palermo, e non fidandosi delle sue milizie per prender d’assalto la città, la cinse d’assedio. Ma non andò lungo temno che si venne a capitolazione, lasciandosi la plebe infinocchiare, per dir così, dalle scimmiotterie del principe di Paternò, che facendola ridere alle spalle dei napoletani, la ridusse debole ed abbattuta. Il trattato era onorevole per gli assediati, perchè aveva sempre per base il voto della maggioranza, ma, come al solito, non doveva, con insigne sfrontatezza, essere osservato dalla parte contraria.

Bisogna pertanto rendere giustizia al generale Florestano Pepe, che operò invariabilmente di buona fede, e dovette soffrire più delli stessi siciliani, coni’ è da presumersi in uomo d’onore, allorchè il governo, nel cui nome sottoscrisse, non rispettò la sua firma. Il parlamento di Napoli dichiarò ribelli gl’isolani ed incompetenti a patteggiare; annullò quindi la capitolazione, benchè sottoscritta sur una nave inglese ed alla presenza del console austriaco.

Intanto, per compensare il generale Pepe dell’affronto ricevuto, il re gli dava la croce dell’ordine di san Ferdinando. Ma il fratello di Guglielmo Pepe, già indignato per la fellonia usatagli, rimandò al re la borbonica decorazione rifiutando di mettersela sul petto. E scriveva al proposito: «Questo è il solo omaggio che posso rendere alla generosità con cui mi hanno giudicato i Siciliani.» Ammirevoli sensi che gli valsero la stima dei buoni e l’amicizia intima dell’ottimo Ruggero Settimo.

Quest’uomo esemplare, ministro riverito da tutti a trentaquattro anni, e che a quarantadue, per esser fermo e fedele nel bene del proprio paese, rifiutò portafogli e luogotenenza generale, quest’uomo trovò nel carattere del Pepe una vera uniformità di principi po-