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dero accorrere in loro ajuto. Il 12 di quel mese era scoppiata la ribellione, e dopo due giorni di attacchi parziali, ma sempre sfavorevoli alle truppe, vennero istituiti quattro comitati, per l’annona, la guerra, la finanza e la direzione della pubblicità, del quale ultimo fu presidente Ruggero Settimo.

Quando i Siciliani ebbero acquistata maggior forza e rifiutarono nettamente d’accettare le sterili proposte del governo, resi ormai consapevoli delle solite mene e della mancanza di fede dei Borboni, un comitato generale si creò nello scopo di dirigere con maggiore unità gli affari della pubblica amministrazione, e Ruggero Settimo, lasciando il comitato che prima dirigeva, ne assunse la presidenza. Da quel giorno, 24 geunajo, data il suo potere senza limiti durante la rivoluzione.

Frattanto continuava la lotta, si rigettavano le trattative e si fugava finalmente la colonna del generale De Sauget, che con rinforzi era venuto da Napoli, e che, o scoraggiato, o per servire la causa della libertà, smarrì gran parte de’ suoi nelle campagne che circondano Palermo, e s’imbarcava l’ultimo del mese; lo stesso giorno che il Comitato generale, reso più forte dalla nuova vittoria, assumeva i poteri di governo provvisorio, alla cui testa veniva il Settimo riconfermato con Mariano Stabile per vice-presidente.

Nè la rivoluzione si arrestava alle porte di Palermo, chè anzi eome vasto incendio propagavasi bentosto a tutti i tre angoli dell’isola, ed il vessillo tricolore era innalzato a Girgenti, Catania, Messina, Caltanisetta, Trapani e Siracusa, che i regi abbandonavano, una alla volta, rinchiudendosi entro i formidabili baluardi della cittadella di Messina. Era loro progetto, sicuri di esserne difficilmente sloggiati dalle sole forze rivoluzionarie, di tenersi fermi finchè la stanchezza e l’anarchia avrebbero resa molto meno scabrosa la via della riconquista. E fu così pur troppo.

Seguivano il rifiuto di alcune altre equivoche e sparute concessioni di Ferdinando II e la resa di Castellamare a Palermo e del castello di Milazzo, sicchè lo stemma borbonico restava inalberato soltanto sullo Stretto. Si pensò allora a convocare il Parlamento nello scopo