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«La suprema ragione della salute pubblica e la sovrana volontà del popolo han reso legittima, al par di qualunque altro governo che fosse al mondo, questa dittatura che il comitato esercitava per tutto il corso della rivoluzione e che or viene a deporre nelle mani del Parlamento. Il comitato innanzi che si sciolga eserciterà un ultimo atto di quel potere esecutivo che la costituzione del 1812 riconosce nello Stato e che qui non è rappresentato da niuno per parte dei successori di Ferdinando, ch’era terzo di tal nome in Sicilia al tempo che cessò il Parlamento nel 1815. Il comitato, non tenendo alcun conto della protesta di Ferdinando II, data in Napoli il 22 di questo mese, perchè la riconosce contraria al paragrafo 17 del capitolo della costituzione sulla successione al trono, dichiara aperto legalmente a Palermo nella chiesa di San Domenico, oggi 27 marzo 1848, il generale Parlamento di Sicilia, secondo i diritti imprescrittibili del paese, e richiede voi, signori pari e rappresentanti de’ comuni, che, passando ai luoghi destinali alle vostre ordinarie adunanze, vogliate con la conveniente speditezza votare una legge sull’esercizio del potere esecutivo nel caso presente.»

E infine conchiudeva con questi nobili e generosi sentimenti:

«Che benedica Iddio ed ispiri i voti del Parlamento; ch’ei riguardi benigno la terra di Sicilia e la congiunga ai grandi destini della nazione italiana, libera, indipendente ed unita!»

Non era allora generale il concetto delle annessioni e dell’unità monarchica, ma l’unione si volea da tutti, benchè sotto la viziosa forma federale, come la sola àncora di salute e l’unico modo per esser forti a petto dell’Austria, e conservare completa indipendenza.

La folla aveva ascoltate le parole del Settimo con silenziosa devozione; ma quando egli ebbe pronunciata l’ultima sillaba, gli applausi frenetici e le grida d’entusiasmo furono tali che la penna non sa come esprimerli. La città intera rispose al discorso del presidente del comitato con immense dimostrazioni di consenso e di gioja, che dovettero essere per quell’uomo insigne