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nistero quei tali che gli erano già stati compagni nei comitati.

Sin da qui han principio le pagine dolorose dell’istoria di quel tempo, più dolorose forse di quelle della reazione, perchè questa non combattuta, ma venne bcnsi affrettata dalle discussioni e dagl’intrighi delle camere, che per ambizioni o per scissure personali si divisero e passarono circa un anno in fanciullaggini e crisi di gabinetto senza far nulla per la salute del paese; all’ora della battaglia mancarono le munizioni, mancarono le armi, mancarono gli uomini!

La rivoluzione del 1848 ha fatti che onorano la terra dov’ebber luogo e mostrano a lettere infinite quanto un popolo possa allorchè vuole; ma del pari lia latti su cui pesa la sentenza d’iddio e guai per essi se venissero pesati sulla bilancia dell’eterna giustizia. Il resoconto delle Camere è là: tra questi latti sovracennati, condannati dalla dura esperienza, va incluso senza meno il Parlamento con la sua opposizione, con le sue coalizioni, con le sue frazioni, co’ suoi decreti, col suo famoso Statuto modello. Audace dottrinario che di gran lunga superava in temerità le grandi assemblee, le supreme convenzioni di cui intendeva a divenire lo scimiottatore.

E noi non terremo dietro alla serie degli inutili dibattimenti, delle dimissioni e ricomposizioni successive del ministero, degli attacchi e delle proteste pacifiche o armate. Ci limiteremo a notare, lenendoci stretti all’assunto nostro, come in tanto guazzabuglio di eroismo e di animosità meschine, Ruggero Settimo restò sempre eguale a sè stesso, e nessuno mai, nonostante la libertà naturalmente sfrenata d’un paese che viene dal più duro dispotismo e si leva padrone di sè stesso per la virtù delle armi, nessun giornale osò mai attaccarlo. E se ora gli si la rimprovero di troppa debolezza, come diremo più in là, sono i posteri che lo asseriscono, mentre i contemporanei del 1848, all’opposto di quanto suole spesso avvenire, non osarono dirglielo ad alta voce.

Soventi volte bastò la sua parola, un suo proclama per sedare ammutinamenti e commozioni: n’è prova il suo manifesto al proposito delle interpellanze Carnazza