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comando del generale Ribotti e dei colonnelli Longo e Dellifranci, traditi ed abbandonati, venivano fatti prigionieri da forti colonne borboniche, nulla di bene facendo in Calabria, e lasciando invece sguarnita la Sicilia di quasi tutti i suoi più bravi militari; volgeva al tramonto la stella dell’esercito piemontese in Lombardia; le armi del maresciallo Radetzky pigliavano il sopravvento; ed in conseguenza, per colmo di sventura, il duca di Genova reso timido pei recenti rovesci ed anche non molto abbaglialo dalla prospettiva dello statuto modello di Sicilia, aggiornava indefinitamente l’accettazione, mostrando piuttosto di parteggiare pel rifiuto, ma tuttavia tenendo a bada la deputazione e lasciando nella più completa indecisione il paese che inviata l’avea.

Intanto all’interno cadeva il ministero, ma troppo tardi: non si era più in tempo di armare definitivamente lasciando in disparte l’amicizia britanna, perchè a Napoli la spedizione era già pronta. Torrearsa fu ministro degli affari esteri e con lui Paternò di Spedalotto, Filippo Cordova, Giuseppe Lafarina e più tardi il barone Vito D’Ondes Reggio.

I rappresentanti della Francia e dell’Inghilterra, Rayneval e Napier si affaticarono presso il re di Napoli, affinchè non si effettuasse la spedizione contro la Sicilia. Ferdinando II non rispose se non se facendo partire immediatamente il generale Filangeri di Saldano alla testa delle truppe che dovevano riconquistargli l’isola ribelle. Il primo fatto d’arme ha luogo a Messina; il Parlamento offre la dittatura al ministero e questo mal consigliato la rigetta. Il popolo continua a battersi eroicamente, titanicamente; i Napoletani sbarcano; la città è bombardata, le case saccheggiate e poi date in preda alle fiamme, la popolazione trucemente esterminata; chi potè pervenire a salvarsi colla fuga arrivò a Palermo scalzo, macilente, affamalo, e intanto Messina ardeva incendiata per tre lunghi giorni, trascorsi i quali, il generale Filangeri telegrafava a Napoli «Gl’incendi sono cessati.»

Fu questo il primo dei fatti calamitosi della guerra, i quali resero poi la restaurazione inevitabile.