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Congiungeudo alle doti della mente quelle più dolci del cuore, quando nel 1855 il cholera morbus infieriva a Torino, il d’Azeglio, sfidando animoso il più fiero dei pericoli, si presentò nelle sale del Lazzaretto a servir d’infermiere, dando un nobile esempio che fu seguito da altri animosi.

Il re Carlo Alberto, ch’era tal uomo da comprendere e da apprezzare tutti i nobili sacrifizi e le prove del più alto coraggio, fece complimentare espressamente l’Azeglio di quel suo atto di sublime devozione, e il municipio di Torino gli offriva una medagtig d’oro espressamente coniata, e in pubblica deliberazione votatagli dall’intero Consiglio.

Ma a tanto non si limitava la feconda operosità di quest’uomo, che comprendendo quale e quanta influenza abbia l’educazione della donna delle classi popolane sull’incivilimento di queste classi, egli diede opera attiva a fondare delle scuole per le fanciulle adolescenti, scuole nelle quali ei prestava il proprio concorso per l’ammaestramento, e che ben presto furono mollo frequentale, e dalle quali uscirono molte giovinette istrutte in modo da essere in grado da ammaestrare altri. Allato a questa scuola il marchese d’Azeglio ebbe ben presto fatto sorgere quella dei giovani adolescenti, ed altra infantile, che non lardarono pure a prosperare assaissimo e a ridondare in grande utilità per la città di Torino.

Non farà adunque maraviglia che un tal uomo, stretto in amicizia coi Balbo, coi Gioberti e con altri che primeggiavano in Piemonte, e in cui il Re poneva moltissima fiducia, avesse una gran parte nel movimento che precedette le riforme del 1848.

Egli fu che indusse il ceto dei commercianti a presentare un indirizzo al Re, indirizzo da lui redatto, nel quale si lo supplicava, non solo di concedere la costituzione, ma si lo invitava a muovere la guerra all’Austria, offrendogli la propria pecunia e i propri averi (sono parole dell’indirizzo) per sopperire alle spese della guerra.

E quando questa guerra fu dichiarata, era intendimento del d’Azeglio di recarsi al campo per porsi al