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nuovamente; tenni fermo. Io provava una ripugnanza invincibile ad esordire nella carriera letteraria, politica o legale sotto la protezione, tuttochè benevola e certamente proficua, di un gesuita. V’era forse un po’ di pregiudizio e di orgoglio; comunque, ho resistito alle seduzioni, ed allora ci voleva un po’ di coraggio.»

Poco più tardi il Durando si legava in intima amicizia col Brofferio, col quale doveva poi prender parte attiva alle cospirazioni politiche, che cagionarono i moti del 1831.

«Nel 1826, così egli narra, seguitando io materialmente i miei studi legali, con un’indicibile svogliatezza, frequentando poco le scuole, moltissimo i teatri e gl’inevitabili portici di Po, mi avvenne di stringere relazione di amicizia con Angelo Brofferio. Egli era allora alla moda; aveva allora terminati i suoi studi all’università, aveva scritto drammi, commedie, tragedie, poesie liriche; applaudito nei teatri, nei convegni, nelle accademie, era popolare, amatissimo, invidiato, corteggiato; era insomma un uomo d’importanza relativa, rispetto ai tempi e alle circostanze.

Convenivamo insieme in casa della Gaetana Rosa, spiritosa artista della real compagnia, e della celebre Carlotta Marchionni.

«Gl’istinti liberali ed italiani del Brofferio consuonavano coi miei. Non dee dunque maravigliare se nel 1830, quando scoppiava la rivoluzione francese, ci siamo trovati insieme nell’ardua e perigliosa via delle cospirazioni.

«Venuta quell’epoca, non esitai ad associarmi col Brofferio e qualche altro nell’intento di redimere il nostro paese sotto il vessillo della libertà e dell’indipendenza. Eravamo pochissimi, ma speravamo, e così fu infatti, moltiplicarci mercè di segrete propagande di scritti e di ordinate associazioni.

«Voglio qui registrare i nomi di questi coraggiosi promovitori, o per dir meglio, continuatori di quei liberali del 1821 che, primi, diedero l’esempio del sacrifizio. Non me ne lagno, ma neanche credo dovermi recare ad onta d’essere stato anch’io nella schiera degl’iniziatori della libertà italiana.