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pensare ciò che vuole, ma non più in là. Così ci facevano grazia allora della libertà del pensare.

«Vissi ancora nell’incertezza durante un mese, finchè ebbi avviso che il mandato d’arresto non tarderebbe ad essere spiccato. Eravamo sul finire di maggio dello stesso anno 1851. Mi diressi verso Vercelli, Borgo Ticino, Sesto Colende. Quivi il capitano svizzero d’un vapore che faceva allora il servizio del lago, mi nascose per sottrarmi alle solite visite dei gendarmi austriaci e mi condusse a Magadino. Al romore del mio tentato arresto e della mia fuga, alcuni miei amici credettero giunto il tempo di allontanarsi. Massimo di Montezemolo riparò in Francia per Grenoble. Il dottor Anfossi pel Lago Maggiore in Isvizzera, altri per altra via. Mio fratello Giovanni rimase in Alessandria al reggimento Cuneo, di cui era tenente. Nondimeno tre mesi dopo venne destituito e si ritrasse nel Belgio.

«Il processo si conchiuse senza lutti. Venuto al trono Carlo Alberto, non volle sull’esordio mostrarsi severo con giovani, di cui in segreto professava egli stesso le opinioni; ma non seppe arrendersi, per motivi speciali, a graziare anche il Bersani, che venne destinato a sette anni di detenzione a Fenestrelle. Tutti gli altri vennero rilasciati. Molte dicerie si sparsero a quell’epoca su questo processo e sui motivi che determinarono il governo a troncarne il corso. Non mancò forse qualche debolezza, qualche imprudenza, o più probabilmente, qualche giovanile ingenuità in alcuno dei detenuti, e ncppur questo potrei affermare. Certo è che, usciti di carcere, perdurarono tutti virilmente nelle vie generose che avevano prima calcale; tutti furono perseguiti, astiati, sorvegliati dalla polizia; nessuno ebbe favori o protezioni dal governo; tutti sostennero più o meno disagiatamente la vita e si portarono degnamente.»

Il Durando si trattenne poco in Isvizzera, e disperando di poter così facilmente e così presto essere utile all’Italia rimanendosi in patria, si recò nel Belgio, ove prese servigio in quella legione straniera, comandata in capo da Achille Murat. Ma entrati i Francesi a soccorso della rivoluzione belgica, la legione fu sciolta,