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«Allora non conosceva personalmente Gioberti e Balbo e non teneva conto delle dure necessità che pesavano sugli scrittori, che per esser letti dovevano mascherarsi, o travestirsi, od andar tortuosi. Avvezzo a dir alto i miei pensieri, non sapea capacitarmi che si potessero scrivere dei volumi lasciando al benigno lettore la cura d’interpretarli ed applicarli in un senso diverso dallo scritto.

«Io mi trovava quindi fuori della via che con tanto splendore e tanta popolarità calcavano i miei predecessori. Era veramente annientato in faccia ad essi. Eppure io sentiva dentro di me ch’essi erano tutti nel falso sentiero; che tenendo lor dietro, era impossibile il far l’Italia; tutto al più, si teneva acceso il fuoco sacro, si rinvigoriva lo spirito pubblico, s’incoraggiavano i Principi, se ve n’era alcuno accessibile a buone inspirazioni, nelle sane tendenze. Era questo al certo un gran risultato; ma dovea necessariamente produrre una spaventosa confusione d’idee, che avrebbe infallantemente paralizzalo il primo molo nazionale. Il 1818 venne a provarlo.

«Io volli accingermi a battere una via opposta. Aveva interamente fede nei destini di Casa Savoja, dico di più, indovinava nel mio segreto gl’istinti certamente italiani di Carlo Alberto e la sua inevitabile adesione ai principi liberali. Tutto quel libro fu il frutto della mia profonda convinzione a questo riguardo. Proclamai dunque, come grande principio unificatore della nostra nazionalità, la Monarchia, e ciò contro Mazzini che alzava la bandiera opposta. Dichiarai essere il Papato l’elemento precipuo delle nostre passate divisioni, e l’ostacolo maggiore al nostro risorgimento futuro, e ciò contro Gioberti, che n’avea fatto il perno del suo sistema. Salutai anzi tutto ed altamente la libertà, come il mezzo più polente di forza e d’influenza per cacciar l’Austria d’Italia: e ciò contro Balbo, che volea prima di tutto l’indipendenza e più tardi la libertà.

«Con tali principj, con tali sentimenti, io diedi mano a quella pubblicazione e vi lavorai instancabilmente durante tutto l’anno 1845. Ben può ciascuno immaginarsi qual fatica improba mi abbia costato lo stu-