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più via di salvezza domandò di capitolare. Centocinquanta officiali d’ogni arma e di ogni grado e più di 4000 uomini con undici pezzi d’artiglieria, munizioni, cavalli, bagagli e le restanti guide del generale Lamoricière andarono a deporre le armi a Recanati, nelle cui mura rimasero rinchiusi finchè il generale avesse potuto provvedere alla loro partenza per Macerata e Livorno.

Due o tre mila uomini, per la maggior parte indigeni e pratici del paese, cambiando l’uniforme con abiti borghesi tolti ai villani delle campagne vicine, andarono dispersi. Ma non poterono sfuggire alle colonne che il general Fanti avanzava su tutte le strade da Val Chientina e Val Potenza.

Dopo questa memorabile battaglia, in cui ebbesi sommamente ad ammirare le qualità precipue che distinguono l’ottimo generale, cioè, colpo d’occhio aggiustato, prontezza di concepimento e d’esecuzione, Cialdini dispose le proprie genti in modo da bloccare la citta d’Ancona, finchè giuntigli rinforzi e cannoni, potè avvicinarsi maggiormente alla piazza e stringerla d’assedio, mediante la cooperazione della marina, posta sotto gli ordini dell’ammiraglio Persano.

Non ridiremo come in breve tempo quella importante piazza venisse espugnata, in modo da ridondarne maggior lustro alle nostre armi di terra e di mare; noteremo solo che a guiderdone di sì nobili e splendide imprese che ne dettero l’acquisto di cospicue provincie, gementi da lungo sotto il governo il più immorale e tirannico, il nostro protagonista venne elevato al grado supremo di generale d’armata e decorato del gran cordone dell’ordine del merito militare di Savoja.

Recatosi l’eroico nostro Re a raggiunger l’armata ed assuntone il comando, questa penetrò attraversando gli Abbruzzi nell’ex reame napoletano. I Borbonici, ajutati da una feccia di gente ignorante e feroce, commettevano atti di barbarie nella provincia di Molise, per cui il popolo straziato salutava con grida di gioja l’arrivo dei soldati liberatori. Cialdini ebbe il 20 ottobre uno scontro al Macerone, presso Sternia, con un