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Palestro, Magenta e Solferino, posero fine al dominio dell’Austria in Lombardia e alla sua prevalenza in Italia.

Il Cavour e Napoleone III non avevano, io credo, gli stessi intendimenti, l’uno nell'invitar l’altro a calare in Italia, l’altro nell’accettare l’invito. E potrebbe essere che questo dissenso intimo, fosse stato la cagione più prossima della pace di Villafranca. Il Cavour desiderava restaurare l’Italia, e raccoglierla, se non tutto a un tratto, almeno la Lombardia e la Venezia, sotto la dinastia di Savoja: ma non poteva volere, che in qualunque altra parte d’Italia si lasciasse nido a qualunque altra dinastia straniera, che, appoggiata da influenze estranee, avesse potuto rimetterci negli antichi guai. Non so se i moti di Toscana fossero dal Cavour voluti, e se non avrebbe preferito in que’ primi bollori, un temperamente provvisorio col Granduca. Credo che i moti delle Romagne e dei Ducati, entrassero di più nei suoi disegni; ma ad ogni modo mi pare che gli uni e gli altri e la proclamazione di Vittorio Emanuele a dittatore contribuissero ad arrestare sul Mincio il volo delle aquile imperiali.

Il Cavour, di certo, non aveva potuto conformarsi a tutte le regole della prudenza chiamando in Italia un alleato più potente che il Piemonte non era, e col quale, per sopraggiunta, sentiva di non poter concordare del tutto. Ma la prudenza non basta a risolvere; ed uno dei più illustri e rispettati Italiani suol dire, che il Cavour per questo appunto è un valente uomo di Stato, perchè ne ha le due qualità necessarie, la prudenza e l’imprudenza. Di certo è sempre l’audacia quella che gitta l’ultimo peso nella bilancia, e senza cui nessuna cosa di grande nè di bene non si conchiude. Il Cavour non aveva per giugnere coll’Italia al fine proposto, che un mezzo solo, quello dell’alleanza Francese. Questa aveva certo de’ rischi; ma quando questi rischi non si fossero voluti correre, quel mezzo stesso, e con esso il fine, almen per ora, si aveva a ripudiare.

Il Cavour fidava sull’Europa e sui sentimenti italiani stessi per ovviare a’ rischi di quell’alleanza. Difatto dopo Villafranca, e mentre durava il ministero Rat-