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goismo si accresce, e la limosina s’invoca nelle disgrazie che o da fortuna o da incuria di sè cagionò alle famiglie, contrappose egli con nuovi Statuti, e attivissima protezione, la Compagnia di Mutuo Soccorso, ampliandola dopo cent’anni dalla fondazione pe’ servitori a tutti quelli che il vitto si procacciano lavorando, onde videla a 600 individui che l’aveva ricevuta a 150, e così onorando il lavoro egli fra i soci e capo dava al lavoro facoltà di provvedere alla povertà onesta scesa dalle fatiche o dalla sciagura non provocata. Della quale instituzione oltre a discorsi varî ne’ varî anni stampò Memoria nel 46, che già comunicata aveva al settimo congresso degli scienziati italiani, e fu fatta studiare altrove da privati e da governi per la sua bontà essenziale, e procurato aveva al benemerito riformatore, instanze da varie parti a fornir luce e giudizi su quella grande questione della beneficenza che perchè non è limosina, può darsi e riceversi senza jattanza e senza vergogna. Quindi fu che il nome suo venne osservato e riverito in Italia da coloro che in que’ tempi tanto più calorosamente intendevano a redimere dall’ignoranza e dall’abjezione le plebi, quanto quieta, ma assidua e fieramente, altri lavorava per ricacciarle nelle ignoranze e nelle superstizioni.

E intanto che in que’ tre instituti egli dava pecunia, opera e consiglio, e coll’autorità della persona in corte frenava le suggestioni poco amorevoli per ogni disciplina civile, aggiustava le sue letterature in molti giornali, in fogli volanti, in librettini che leggevansi con quanto amore egli dettavanli, infonditore di umani e salutevoli pensamenti nelle masse, mantenitore col bello stile e la lingua forbita di quell’onore a sè stesso che gli retribuivano il Taverna, il Pezzana, il Colombo, il Gamba, il Pellico, il Giordani, non solo nelle lettere a lui indirette, ma e nelle epistole ad altrui e nelle commemorazioni anche pubbliche. Gli scritti son numerosi, e bene sarebbe raccoglierli dal troppo sparso; de’ quali piacemi avvertire che di notevoli sono in due strenne Parmigiane che per sua cura e per suo conto, sul mio esempio dell’anno innanzi, immaginò a profitto degli asili per la infanzia nel 1842 e proseguì